Il respiro
dell’alveare

La calura estiva si spegne e con essa i ritmi intensi della natura e dell’apicoltura. D’autunno le api e il loro pastore tirano un respiro, raccolgono le forze e si preparano ad affrontare l’inverno.
Alcune famiglie provvedono al pensionamento della loro regina e ad allevarne una pimpante che assicurerà primavere felici.
Come per la semina del grano, è in autunno che inizia il nuovo anno. Nel periodo tra ottobre e aprile vigiliamo sulle scorte alimentari delle nostre colonie e se qualcuna più mangiona delle altre lo richiede, le integriamo.

L’apicoltore che sa leggere le sue api vede nelle loro ansie e gioie la metafora della vita. In ogni animale c’è tanto di nostro e nel nostro c’è tanto di animale.
Perché questa premessa?
Perché ogni anno trascorso con le api mi ha dato la possibilità di sentirmi sempre più vicino a loro.
Un’ape operaia vive dai due ai sei mesi. Tuttavia, la loro memoria ancestrale, una preveggenza innata, sa dell’inverno che le attende. Assenza di fiori, niente voli per lunghi periodi, e quindi impossibilità di liberare la loro ampolla rettale librandosi nell’aria; il loro ritmo basale deve rallentare, precipita la temperatura dell’alveare per contenere il consumo di miele, tutto per arrivare alla primavera che succederà. Una famiglia che in autunno ha molte scorte è come il contadino con il granaio pieno, come lo scoiattolo con il suo capitale di nocciole: niente stress, stanno strette l’una all’altra in un respiro sereno.

In primavera, di pari passo con il risveglio della natura, l’attività delle api riprende gioiosa e frenetica e così noi che abbiamo la fortuna di star loro accanto.
Da aprile a ottobre tutto può accadere. Le condizioni climatiche hanno il comando.
Nei nostri territori selvaggi, in assenza di attività umane di carattere industriale, le api si rapportano solo con le dure, seppur giuste, leggi della natura.
L’Erica arborea, l’Acero campestre, il Ciliegio selvatico, il Rovo bianco, il Rovo fucsia, il Castagno, l’Abete, l’Edera, sono tutte fonti nettarifere dal notevole potenziale spesso mortificato dalle condizioni atmosferiche.
Un’ape pesa un decimo di grammo. Più che l’umidità del terreno a decretare l’apoteosi della secrezione nettarifera è l’umidità dell’aria. Con notti tiepide e umidità relativa elevata, queste instancabili bestiole possono generare un incremento di peso del proprio alveare anche di dieci chili in un giorno. Due fiori, una gocciona di miele nella sacca melaria e via di corsa a casa a depositare il prezioso bottino. Un po’ come faremmo noi se piovessero biglietti da cento euro. Ubriache di questo nettare, al ritorno dal pascolo, per accorciare i tempi, le api possono decidere di entrare nel primo alveare utile che lieviterà a dismisura. È una gioiosa deriva e le poche guardiane rimaste a presidiare l’entrata dell’alveare chiudono volentieri un occhio.
Iniziate a ritrovarle anche voi le analogie con i tumulti della nostra esistenza umana?
Nei secoli scorsi le api sono state portate ad esempio dai nobili e dal clero per soggiogare i popoli: vedete le api come sono laboriose e frugali, obbedienti e rispettose dell’ordine sociale, dipendenti dal re che sa decidere per il bene loro? Le api e gli alveari di paglia sono rientrati spesso nell’araldica e nella simbologia di papi e banche. Il dramma dei drammi, celato per decenni, fu lo scoprire che a capo di una comunità sì perfetta, l’autorità costituita e indiscussa, era femmina. Una regina al posto del re. Come dirlo al popolo?
Non c’è limite al peggio.
Dal Rinascimento in poi, lo studio e le osservazioni delle attività delle api diventa frenetico, tra i nobili e i religiosi c’è una vera corsa a scoprirne i segreti. Un altro duro colpo per la nomenclatura dell’epoca, soprattutto quella religiosa, è scoprire che l’ape regina durante il volo di fecondazione non si accoppia con un solo fuco ma può spingersi a giungersi con otto, dieci e anche più maschi in sequenza. Anche questa rivelazione tarda non poco a diffondersi tra le masse.

Questione di genetica

Nelle api, come in ogni forma di vita, la genetica ha il suo peso, …e che peso!
I maschi delle api, i fuchi, alle nostre latitudini sono presenti negli alveari da marzo a settembre o ottobre. Essi sono figli della sola madre che li genera dalla deposizione di un uovo non fecondato. Questa forma riproduttiva viene denominata partenogenesi. Dall’uovo fecondo, invece, ha origine un’ape operaia o un’ape regina, a seconda dell’alimentazione e del tipo di cella nella quale l’uovo viene deposto. Durante il volo di fecondazione l’ape regina fa incetta del prezioso liquido seminale che conserverà vitale per un periodo molto lungo che può arrivare a cinque anni. Sta a lei, al momento e al tipo di cella l’eventualità di fecondare o meno l’uovo deposto.
Dall’accoppiamento multiplo della regina si originerà nell’alveare una popolazione “multietnica”: api di colore diverso, di carattere diverso e di diverse attitudini.

Guardie e ladri

Studi recenti hanno portato a conclusioni sorprendenti: si è scoperto, ad esempio, che ci sono delle api che fanno finta di essere “di casa” per introdursi clandestinamente in alveari che non sono i loro; fischiettando prelevano il loro prezioso carico e via verso casa essendosi risparmiate un lungo viaggio e una miriade di fiori.
Altra scoperta sorprendente è che all’interno di un alveare ci siano delle api che fanno finta di lavorare godendo a scrocco dei privilegi del condominio.
Nel rubare, nel difendersi o lasciarsi inconsapevolmente depredare – quello che è normalmente definito saccheggio latente – gioca un ruolo determinante il patrimonio genetico e le dinamiche che ne conseguono. Anche nel caso del saccheggio violento, tipico dei periodi di assenza di raccolto, ognuna va da sé.
Quando le condizioni climatiche lo consentono le nostre collaboratrici iniziano ad immagazzinare importanti quantità di nettare che, elaborato, diverrà miele. A maturità raggiunta, provvediamo al raccolto ed alla successiva lavorazione nella nostra mieleria di Breil.

In mieleria

Disopercolatura
Consiste nel rimuovere con un coltello il coperchio di cera, l’opercolo, per liberare il contenuto delle cellette.
Smielatura
Posti in uno smielatore radiale, i favi, attraverso una rotazione progressiva, per centrifugazione, si svuotano completamente.
Maturazione
Raggiunto un contenitore di acciaio inossidabile attraverso l’uso di una pompa rotante, il miele resta a riposo per circa una settimana. Corpuscoli di cera e bolle d’aria incorporate durante l’estrazione vengono in superficie. Il miele ritrova la sua trasparenza e lucentezza ed è pronto per essere confezionato nei vasi.
Naturalmente, tutta l’attrezzatura è stata concepita e dedicata per entrare in contatto con il miele ed i prodotti alimentari in genere.

“Il benessere delle mie api e la vostra sicurezza alimentare sono sempre state la priorità della mia vita. Marco Ballestra

I nostri Clienti già lo sanno

Produciamo mieli straordinari e possiamo offrirvi solo ciò che l’annata ci ha consentito. Vi preghiamo di godere di ciò che c’è e di non rimpiangere quello che manca.

La cristallizzazione, cioè il passaggio dallo stato liquido allo stato solido del miele è il fenomeno più naturale che esista. Il miele è una soluzione soprasatura di zuccheri che tendono fatalmente ad aggregarsi; i tempi ed i modi variano dal rapporto in cui stanno tra loro il glucosio e il fruttosio che va a seconda della provenienza floreale.
Una cristallizzazione omogenea del barattolo è garanzia di genuinità e crudità del prodotto. Vi mette altresì al riparo da dubbie mescolanze.
Vi sconsigliamo di scaldare il nostro miele per riportarlo allo stato liquido. Non avete le attrezzature adeguate e finireste per cuocerlo, degradandolo, facendogli perdere tutto il prezioso carico che ha in sé.

Cerchiamo di differenziare il più possibile la nostra produzione, anche per quantità contenute di raccolto.
Se un miele vi appaga particolarmente, vi suggeriamo di acquistarne un pochino di più. Potreste non ritrovarlo alla vostra successiva visita.
Quando non vi è una fioritura prevalente a caratterizzarlo, il nostro miele è denominato Millefiori.
Per il favoloso terroir nel quale operiamo, possiamo assicurarvi che ogni nostro Millefiori è degno di nota e del vostro interesse.
Riceviamo continui riconoscimenti per il frutto del lavoro delle nostre api e, su delega loro, Vi ringraziamo.
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